Pierangelo Dorini: l’Italia della musica riparte!



Dopo i difficili mesi della pandemia, che hanno schiacciato il settore dello spettacolo e il business dei concerti per troppo tempo, questo 2022 ha segnato nel concreto la ripresa. Gli italiani hanno dimostrato la loro grande voglia di eventi musicali, lo testimoniano i palazzetti sempre pieni e il grande successo dei tour di artisti più o meno emergenti (pensiamo al fenomeno Blanco).

È proprio in questo contesto che vale la pena fare un ragionamento sul futuro degli eventi musicali in Italia e sulle prospettive che ci aspettano, confrontando ciò che avviene da noi con le realtà del resto d’Europa. L’Italia, in questo senso, è un mondo a sé stante, che segue le sue regole e le sue abitudini culturali.

Come sottolineato da Isaia Invernizzi in un recente articolo per “Il Post”, noi italiani continuiamo a prediligere il singolo grande artista ai festival che coinvolgono diverse band e cantanti. Ci sono meno “fan degli eventi musicali”, se ci paragoniamo al resto d’Europa, ma più “fan del singolo artista”. Per questo motivo, è molto facile che il cantante del momento riesca a fare sold out nei palazzetti nostrani, ma molto più difficile organizzare con successo un grande festival, che comprenda diversi palchi ricchi di artisti, per una due/tre giorni di immersione totale all’insegna della musica e del libero divertimento.

A Barcellona c’è il Primavera Sound, l’Inghilterra ha il festival di Glastonbury, la California ha il Coachella, che ha ormai raggiunto dimensioni planetarie e attira artisti e pubblico da tutto il mondo, con sponsor sempre più notevoli. Li chiamiamo “macrofestival”, hanno diversi pro ma anche alcuni contro: la verità è che in Italia, al momento, questo genere di eventi non è sostenibile sia a livello economico che dal punto di vista dell’attrattiva che avrebbero effettivamente sul pubblico nostrano.

Come sottolineato da Giuseppe Conte, che dal 2017 si occupa di organizzare il Viva Festival in Valle d’Itria (Puglia), in Italia le persone sono poco abituate a certi ritmi. “È molto difficile pensare di proporre musica dal primo pomeriggio fino a notte fonda, perché la maggior parte delle persone preferisce il singolo grande evento, il nome”. Basti pensare anche alle radio, che trasmettono fondamentalmente i musicisti mainstream, suddividendosi rigorosamente per generi. All’estero i biglietti per i festival vengono invece acquistati con mesi di anticipo, prima ancora dell’annuncio delle lineup: l’importante è essere presenti all’evento, vivere l’esperienza, non si punta a un artista in particolare.

Senza contare questi aspetti più culturali e, di conseguenza, gli scarsi ritorni economici, in Italia abbiamo anche problemi di natura logistica: difficile infatti trovare ampi spazi attrezzati per accogliere in sicurezza decine di migliaia di persone senza danneggiare nessuno. Lo abbiamo visto con il Jova Beach Party e le polemiche di natura ambientale che ha suscitato.

Siamo il Paese delle piccole e medie imprese, questa è anche la dimensione della maggioranza dei nostri eventi musicali più di successo. Per event più in grandi il giro d’affari è insufficiente, il sostegno delle istituzioni inesistente, ottenere permessi e autorizzazioni è spesso un processo lungo e doloroso.

È importante però considerare che non è tutto oro quel che luccica: di recente il giornalista spagnolo Nando Cruz ha ridefinito i macrofestival come il Primavera Sound “mostri insaziabili”. Un motivo ci sarà.

Pierangelo Dorini

Fonte: https://www.ilpost.it/2022/10/19/festival-musica-italia/

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